I Fratelli
Da settimane il presidente degli Stati Uniti Joe Biden minaccia di imporre sanzioni molto severe nei confronti della Russia se l’esercito di Mosca dovesse invadere l’Ucraina. Secondo la Casa Bianca e la stampa americana l’intervento dei soldati russi sarebbe imminente. La Russia ha ammassato centomila soldati a ridosso del confine ucraino, a sostegno della posizione indipendentista nei territori filorussi nella parte orientale del Paese. E la NATO ha rafforzato la sua presenza in Polonia e nelle repubbliche baltiche. La tensione di conseguenza è salita, insieme al timore che per errore o per calcolo una provocazione possa far innescare un conflitto.
Certamente la tensione in Ucraina sta sviando almeno parzialmente l’attenzione in Russia dalla grave crisi economica e sociale scoppiata dopo il crollo dell’Unione e Sovietica e la svendita a prezzi di saldo del patrimonio del Paese agli oligarchi amici del potere. Nonostante le enormi risorse energetiche, il tenore di vita dei cittadini russi è drammaticamente sceso al livello già basso degli ultimi decenni.
Tuttavia lo scontro potenziale fra le due repubbliche dell’ex Unione Sovietica non figura a Mosca fra gli argomenti di primo piano e ora anche Volodymyr Zelens’kyi, il presidente ucraino, non considera affatto imminente un’invasione. Ma dagli Stati Uniti quotidianamente giungono messaggi dal potere politico che in caso di invasione la Russia pagherà un prezzo economico altissimo. Mosca ha chiesto un impegno da parte europea e americana che l’Ucraina, confinante con la Russia, mai entrerà a fare parte della NATO, l’alleanza atlantica fondata dopo la seconda guerra mondiale per arginare le forze armate sovietiche. Richiesta irricevibile ha risposto la Casa Bianca. Anche la NATO mostra i muscoli e la crisi ucraina in un certo senso si può considerare a medio termine un test per la sua sopravvivenza. Nell’Unione Europea da anni si discute sull’opportunità di creare una forza di difesa comune europea che di fatto renderebbe obsoleta la NATO o almeno verrebbe ridimensionata. Il presidente francese Emmanuel Macron proprio di recente ha riproposto l’attenzione sull’argomento difesa europea ed è probabile che una riflessione collettiva possa svilupparsi nel prossimo futuro.
Non sono solo Europa e Stati Uniti ad osservare con attenzione quanto sta accadendo nell’est del continente europeo. Fra i tifosi schierati contro un intervento armato russo in Ucraina vi è apparentemente il presidente cinese Xi Jinping, che il 4 febbraio presenzierà a Pechino insieme al presidente russo Vladimir Putin alla cerimonia inaugurale dei Giochi Olimpici invernali. Distogliere l’attenzione sul grande show cinese sarebbe uno sgarbo alla Cina in un momento di crescente vicinanza fra i due antichi amici comunisti. L’asse russo-cinese si sta rafforzando in contrapposizione agli Stati Uniti ma anche, pur se in misura minore, all’Europa. Mosca e Pechino hanno a lungo condiviso valori comuni. Dalla sua fondazione oltre settanta anni fa la Repubblica Popolare Cinese si è nutrita dei principi del comunismo di Lenin. Ben prima del crollo dell’Unione Sovietica i due Paesi si erano separati ideologicamente perseguendo obiettivi diversi, ma senza comunque mai rinnegare le radici comuni. Ai tempi di Mao Tse Tung e di Iosif Stalin l’Unione Sovietica era considerata il ‘Grande Fratello’ della Cina, una sorta di protettore e guida per la nascente nazione cinese. Mai come ora Cina e Russia viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda. Le risorse energetiche russe e i grandi territori della Siberia sono acquolina nella bocca di Pechino. Gli investimenti cinesi in Russia stanno crescendo in fretta come anche gli affitti decennali o centenari di vaste aree siberiane con la prospettiva di gestione e acquisto di interi territori dell’enorme e disabitato Estremo Oriente russo, sempre più appetibile anche per il rapido scioglimento dell’Artico che sta aprendo canali di navigazione e rotte commerciali fino a pochi anni fa impensabili in quella fetta di mondo.
I due Paesi si stanno proponendo anche come contraltare ai valori occidentali della democrazia, offrendo un’alternativa all’asse Europa-Nord America. Al posto di una democrazia che si sta indebolendo e di valori quali uguaglianza, diritti umani e politici, sta cercando di offrire un modello di sviluppo economico e crescente benessere globale, pur insieme a regimi autoritari-dittatoriali, ma che potrebbero essere appetibili soprattutto in Asia e Africa, continenti affamati di crescita e sviluppo e dove la Cina ha negli ultimi anni aumentato gli investimenti in modo considerevole e grandi finanziamenti, molti dei quali difficilmente ripagabili. Come contropartita la Cina spesso si accontenta di avere accesso alle enormi risorse minerarie dei Paesi debitori, con i quali instaura contemporaneamente vantaggiosi accordi commerciali.
Cina e Russia viaggiano su binari simili sulle politiche anti-oppositori. La repressione è in atto in Russia e ancora più marcatamente in Cina. Putin negli ultimi anni ha rafforzato il controllo nei confronti degli oppositori. Aleksej Naval’nyi, nemico politico numero uno del Cremlino odierno, è in carcere da un anno dove sta scontando una pena di tre anni e sei mesi per appropriazione indebita ma è probabile che seguiranno ulteriori condanne per altri presunti reati. I movimenti di vera opposizione sono di fatto banditi in Russia e la stampa critica del potere è ormai addomesticata. Memorial, la più nota organizzazione per i diritti umani, fondata dal premio Nobel per la pace nonché dissidente sovietico Andrej Sacharov è stata chiusa per presunta associazione con ‘agenti stranieri’.
In Cina la situazione è ancora più drammatica. Dopo i tibetani, ormai diventati una minoranza sottomessa nel loro territorio, l’altopiano del Tibet, la repressione di Pechino sta colpendo ora i musulmani nel Xinjiang – un milione di persone detenute in ‘campi di rieducazione’. Il Congresso degli Stati Uniti ha definito un genocidio ciò che sta accadendo nel Xinjang contro gli uiguri, la popolazione turcofona musulmana. Il Congresso ha votato compatto – un solo voto contrario – una legge che impone alle aziende che importano merci dal Xinjiang di verificare che non siano stati prodotte da manodopera forzata. La repressione si è abbattuta anche su Hong Kong dove il movimento dei giovani per la democrazia è stato cancellato a suon di arresti. Nel 1997 il Regno Unito aveva restituito Hong Kong alla Cina, ma con l’impegno cinese di non interferire con quello che era stato definito ‘un Paese due sistemi’, garantendo che per cinquant’anni Hong Kong continuerà ad essere pienamente autonoma. Così non è stato. Gli avvenimenti a Hong Kong ma soprattutto nel Xinjiang hanno spinto gli Stati Uniti a boicottare diplomaticamente i Giochi di Pechino e non invieranno alcuna personalità in rappresentanza del loro governo. A Washington si sono accodati Gran Bretagna, Australia, Canada Nuova Zelanda e fra i Paesi europei Lituania, Danimarca, Belgio mentre Francia e Germania auspicano una posizione europea comune. L’Italia tace, dopo essere stato il primo Paese dell’Unione a firmare nel 2019 con la Cina un memorandum d’intesa per investimenti e commerci in Cina, nel quadro della Belt and Road Iniziative, meglio nota in Italia come Nuova Via della Seta, un grande progetto cinese di investimenti e infrastrutture che intende coinvolgere sessanta Paesi in tutto il mondo. Il boicottaggio diplomatico dei Giochi olimpici da parte di una decina di Paesi è un tentativo di mettere il dito nella piaga dei diritti umani in Cina. Non avrà conseguenze pratiche sugli affari ma pur sempre irrita il potere politico cinese.
La Cina è fortemente interessata agli sviluppi attuali in Ucraina. Un’azione armata della Russia ora non sarebbe gradita alla Cina perché oscurerebbe il grande successo mediatico dei Giochi olimpici su cui conta il presidente Xi. Ma soprattutto l’atteggiamento che avrà l’Occidente e gli Stati Uniti in particolare di fronte ad una eventuale invasione russa potrà servire come una sorta di precedente ad un’eventuale invasione della Cina a Taiwan, l’isola, non formalmente ma di fatto indipendente, considerata dalla Cina provincia cinese. Se gli Stati Uniti non dovessero reagire a un’eventuale invasione russa in Ucraina è probabile che manterrebbero lo stesso atteggiamento in caso di invasione di Taiwan, concedendo di fatto libertà di manovra a Xi.
Ma niente in questi giorni dovrà interferire con il grande spettacolo olimpico che farà da preludio all’apoteosi in autunno del presidente-padrone della seconda potenza mondiale, quando il Congresso del partito comunista cinese sancirà la presidenza a vita a Xi Jinping.