Giornalista Persona Non Grata
Philip Jacobson, 30 anni, cittadino statunitense, lavora per Mongabay, una testata giornalistica sulle scienze ambientali che informa sullo stato delle foreste pluviali tropicali. Va alla ricerca di ciò che non va nel mondo riguardo all’ambiente e lo espone pubblicamente. Lo scorso dicembre, munito di visto d’affari, si è recato nel Kalimantan, nella parte centro-meridionale del Borneo indonesiano, per prendere parte a incontri sulla deforestazione fra cui una riunione al parlamento locale fra funzionari pubblici e rappresentanti dell’Alleanza dei Popoli Indigeni, il maggiore gruppo indonesiano di sostengo agli indigeni. Il giorno previsto per la sua partenza le autorità di immigrazione gli hanno confiscato il passaporto e ordinato di rimanere in città in attesa delle indagini sulle sue attività. Un mese dopo è stato formalmente arrestato con l’accusa di aver violato le leggi sull’immigrazione, “per aver condotto attività giornalistiche come giornalista con visto d’affari e non da giornalista. Se condannato rischia cinque anni di prigione.
L’intervento dell’ambasciatore americano potrebbe consentire a Jacobson di essere soggetto solo a sanzioni amministrative e foglio di via. Ma le autorità indonesiane continuano ad indagare per capire se abbia commesso altri reati. L’arresto di Jacobson è avvenuto poco la pubblicazione da parte dell’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch di un rapporto in cui viene documentata la violenza contro attivisti e ambientalisti in Indonesia.
Il Borneo è la terza isola più grande del mondo dopo Groenlandia e Nuova Guinea, due volte e mezzo la superficie dell’Italia, situata nel sud-est asiatico. Per un terzo circa appartiene alla Malesia il resto all’Indonesia. In più a nord vi è il piccolo e ricco Sultanato del Brunei. E’ ricoperto da foreste tropicali che contribuiscono a far respirare l’intero sud-est asiatico. Da anni è uno degli habitat più depredati al mondo. All’inizio del Novecento il 96 per cento del Borneo era ricoperto di foreste pluviali. Oggi la metà. Solo il 17 per cento dell’isola è area protetta, il rimanente è ‘foresta produttiva’, cioè destinata a essere decimata. Fino a poche decine di anni fa riforniva di legname tutto il mondo. Da alcuni anni gli alberi tagliati fanno posto a distese infinite di piantagioni di palme da cui si ricava l’olio usato per l’industria alimentare in tutto il mondo. Ogni anno incendi quasi sempre dolosi distruggono enormi superfici di foresta. Un habitat unico per flora e fauna. Con un impatto devastante anche sulla salute di specie animali in pericolo di estinzione che esistono solo nel Borneo o a Sumatra, come gli orangutan (pongo pygmaeus). Il cibo per questi primati è ora più scarso mentre il fumo dagli incendi indebolisce il loro sistema immunitario.
Questa devastazione del patrimonio forestale ha indotto gruppi ambientalisti in molte parti del mondo a sensibilizzare l’opinione pubblica contro l’utilizzo dell’olio di palma e contro la deforestazione selvaggia per uso commerciale, sulla falsariga di ciò che sta accadendo nell’altro grande polmone della terra, l’Amazzonia. Nessuna meraviglia quindi che non siano graditi i giornalisti che vogliono indagare su ciò che accade in questa zona del mondo interessata da interessi globali di portata globale. Una delle storie su cui Jacobson ha lavorato riguarda una cartiera che aveva creato una società fittizia allo scopo di distruggere illegalmente tratti di foresta nel Borneo. Ottenere un visto giornalistico per l’Indonesia può essere impresa lunga e complessa e non sempre va a buon fine. Le autorità pretendono informazioni dettagliate sul tipo di inchiesta o servizio che il giornalista intende fare e possono negare un visto senza fornire spiegazioni o semplicemente ignorare la domanda. “I giornalisti devono essere liberi di lavorare in Indonesia senza paura di detenzioni arbitrarie”, dice Human Rights Watch. “E’ indispensabile per il benessere della democrazia indonesiana. Il mese scorso l’Alleanza di Giornalisti Indipendenti Indonesiani ha pubblicato un rapporto che documenta 53 casi di abuso lo scorso anno nei confronti di giornalisti, fra cui cinque casi criminali.
Non solo i giornalisti dovrebbero essere liberi ma è necessario che possano lavorare anche quando non sono in servizio o sono in vacanza. Un medico non si sottrae a soccorrere una persona bisognosa di assistenza medica, semplicemente perché così impone la sua etica professionale. Anche se non è in servizio. Analogamente, se un giornalista si trova per caso in un luogo dove è accaduto qualcosa di giornalisticamente rilevante deve avere la possibilità di compiere il suo lavoro anche se privo di un visto giornalistico o di credenziali da parte della autorità locali. In Paesi poco inclini ad accettare un’informazione senza filtri è una questione di difficile soluzione. Sta ai Paesi depositari di idee liberali far pressione sugli altri affinché l’accesso della stampa indipendente alle informazioni sia consentito senza restrizioni.
25.01.2020