My name is Khan
Quando nel 1960 Amanullah e Sehrun Khan emigrarono da Karachi a Londra molti inglesi chiamavano i pakistani in tono dispregiativo, ‘paki’. La famiglia Khan andò ad abitare in un alloggio popolare di un sobborgo della capitale britannica. Dieci anni dopo nacque Sadiq, quinto dei loro otto figli. Sadiq cominciò subito ad amare il cricket, il pugilato e il calcio. Ma ricorda anche gli atteggiamenti razzisti subiti insieme al fratello a Wimbledon e nelle partite di calcio del Chelsea. Studiò in scuole pubbliche, divenne avvocato e portò avanti cause riguardanti diritti umani e civili. Undici anni fa venne eletto deputato laburista.
Il 6 maggio scorso si è presentato ai londinesi così: “Mi chiamo Khan e sono il sindaco di Londra. Voglio rappresentare ogni comunità e ogni singola parte di Londra, voglio essere il sindaco di tutti i londinesi”. Ha prestato giuramento nella cattedrale cristiana di Southwark dopo le parole della madre di un ragazzo assassinato in un attacco razzista. “Mai avrei pensato di vedere un sindaco di una minoranza etnica”, ha detto Doreen Lawrence, madre di Stephen, giovane nero accoltellato e lasciato morire da una banda di bianchi.
Khan è Il primo sindaco musulmano della capitale di un Paese dell’Unione Europea, città di nove milione di abitanti di cui un milione musulmani. Durante la campagna elettorale in un’intervista disse: “Sono londinese, europeo, britannico, inglese, musulmano, di origine pakistana, asiatico, padre e marito”. Londra, una delle città più cosmopolite, liberali e laiche del mondo, dove convive una miriade di etnie e dove si parlano trecento lingue diverse ha il suo rappresentate multiculturale. Khan esibisce con orgoglio la sua identità musulmana. La sua fede religiosa ha rappresentato un problema solo per i suoi avversari. Durante la campagna elettorale, rispondendo ad un tweet del suo rivale politico, il conservatore Zac Goldsmith, ha scritto: “Non c’è bisogno che punti il dito contro di me gridando ‘è un musulmano’. Sono io che lo scrivo nei miei volantini”. Durante la cerimonia di ammissione al Consiglio della Corona chiese di giurare sul Corano e non sulla Bibbia.
La storia di Khan parte da lontano. I suoi nonni lasciarono l’India per Karachi, la più popolosa città del Pakistan, come fecero milioni di persone nel 1947, quando l’impero britannico si sgretolò dando vita alla Repubblica indiana e alla Repubblica Islamica del Pakistan. Nell’idea inglese l’India era per gli indu, il Pakistan per i musulmani. Fu un esodo di dieci milioni di persone e un bagno di sangue con un milione di morti. Gli indu che vivevano in Pakistan scapparono in India e molti musulmani lasciarono l’India per il neonato Pakistan. I nonni di Khan si stabilirono a Karachi. Poi, i genitori di Khan, come tanti altri ex sudditi dell’impero britannico, emigrarono in Inghilterra. Nel 1970 nacque Sadiq, quinto di otto fratelli, sette maschi e una femmina. Vivevano in un alloggio di tre stanze. Il padre per venticinque anni lavorò a Londra come autista di autobus, la madre, sarta, lavorava da casa. Frequentò le scuole pubbliche dove cominciò la sua passione politica. Il preside della scuola, il primo dirigente musulmano di una scuola secondaria britannica, gli disse: “il colore della pelle o l’origine non sono ostacoli perché tu possa fare qualcosa della tua vita”. Voleva fare il dentista ma cambiò idea quando un insegnante gli disse “stai sempre lì a discutere…” Studiò giurisprudenza all’Università di North London e diventò avvocato, difensore dei diritti umani. Per tre anni guidò un’organizzazione che si batte per i diritti civili. Si sposò con una donna avvocato, anch’essa figlia di un autista di bus e diventò padre di due figlie. Lavorò su casi di alto profilo e si batté a favore di insegnanti e avvocati che avevano subito discriminazioni di stampo razzista. Undici anni fa venne eletto deputato laburista nella circoscrizione di Tooting. Fu ministro dei trasporti con il premier Gordon Brown, primo musulmano a diventare ministro. “Conosce le questioni importanti”, ha detto di lui Andrew Davey, pastore protestante di Tooting. “Conosce le comunità locali, partecipa alle riunioni. Sa quello che accade nelle chiese locali, moschee, sinagoghe e templi sikh”. Ma a non tutti piace. Ha ricevuto minacce di morte da estremisti per le sue idee progressiste, quali il suo sostegno ai matrimoni omosessuali.
Khan ha cercato di evitare di essere visto come un sostenitore della causa musulmana, incoraggiando i musulmani britannici a focalizzarsi, piuttosto che su questioni di politica estera o anti-terrorismo, su povertà e disuguaglianza perché hanno un impatto maggiore sulla vita di gran parte dei musulmani britannici. Ma non ha mai nascosto il suo credo. Nel suo primo discorso da ministro si soffermò sugli insegnamenti del padre appresi dall’Islam e in particolare sul principio che ‘se uno vede qualcosa di sbagliato, ha il dovere di cercare di correggerlo’. Da sindaco di Londra ha detto di voler subito affrontare la crisi degli alloggi in una città dai costi proibitivi degli immobili. E vuole congelare il prezzo dei trasporti e reintrodurre la figura del poliziotto di quartiere.
David Lemmy, deputato laburista e come Khan figlio di genitori immigrati, ha parlato di un grande momento politico. “Se mai vedremo un primo ministro nero o asiatico in questo Paese”, ha detto, “lo dovremo soprattutto a Sadiq Khan”.
08.05.2016
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